1. La fattispecie:

Gli articoli 36 e 37 del D. Lgs. n. 81/2008 (cosiddetto Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro) disciplinano, rispettivamente, le informazioni, da fornirsi ai lavoratori (chiaramente in materia di tutela della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro), da parte del datore di lavoro, e la formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti.

Nello specifico, l’art. 36 statuisce che il datore di lavoro provvede affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione:

  • sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi alla attività della impresa in generale;
  • sui rischi specifici cui è esposto in relazione all’attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia;
  • sulle misure e le attività di protezione e prevenzione adottate.

L’art. 37, invece, sancisce che il datore di lavoro ha il compito di assicurare che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza con particolare riferimento a:

  • concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza;
  • rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda.

Assicurandosi, peraltro, che la medesima formazione sia compresa sulla base del bagaglio culturale e linguistico, anche in termini di idioma, del destinatario. Tale formazione deve essere periodicamente ripetuta in relazione all’evoluzione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi connessi alle mansioni (anche nuove) svolte.

2. La condotta:

Con tali disposizioni, si richiede, dunque, che il datore di lavoro provveda alla:

  • Informazione, intesa come il complesso delle attività dirette a fornire conoscenze utili alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi in ambiente di lavoro;
  • Formazione, intesa come il processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori conoscenze e procedure utili all’acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, riduzione e gestione dei rischi.

Si tratta, dunque, di un obbligo cui i datori di lavoro devono necessariamente provvedere, incorrendo, in caso contrario, nelle sanzioni previste e punite dall’art. 55 del medesimo Decreto Legislativo, ovvero:

  • l’arresto da due a quattro mesi
  • l’ammenda da 1200 euro a 5200 euro.

La ratio della previsione normativa si rinviene nella necessità, avvertita come propria dal Legislatore, di:

  • tutelare i lavoratori rendendoli consapevoli dei rischi lavorativi a cui ogni giorno sono esposti durante lo svolgimento della propria attività lavorativa;
  • sensibilizzare gli stessi sui fondamentali temi della salute e della sicurezza sul posto di lavoro.

3. Il caso concreto:

La Corte di Cassazione si è recentemente pronunciata sul tema, rispetto al caso di un datore di lavoro, imputato del reato di omicidio colposo nei confronti di un lavoratore, il quale, in conseguenza di un infortunio avvenuto all’interno dello stabilimento, durante i lavori per la realizzazione di linee per la distribuzione esterna dell’acqua riscaldata, utilizzava un mezzo inadeguato per il compimento delle operazioni, riportando lesioni dalle quali era derivata, dopo circa due mesi, la morte.

Il tema inerisce, nella specie, alla esatta delimitazione della condotta colposa omissiva in capo al datore di lavoro, ossia, l’omessa formazione e informazione del lavoratore deceduto, discutendo sul fatto se sia corretto affermare che il lavoratore, di lunga esperienza sul campo, avrebbe dovuto sapere a priori quale mezzo utilizzare.

Questo perché, gli artt.36 e 37 del Testo Unico in materia di sicurezza, costituiscono, sovente, l’architrave della contestazione penale più grave, nel caso di specie l’omicidio colposo, per violazione di legge e regolamenti (oltre che per colpa consistita in imperizia, imprudenza o negligenza).

4. L’orientamento della Corte di Cassazione:

La Suprema Corte, confermando quanto già ribadito in precedenti pronunce, afferma come in tema di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, l’attività di formazione del lavoratore, alla quale è tenuto il datore di lavoro, non è esclusa dal personale bagaglio di conoscenze del lavoratore, formatosi per effetto di una lunga esperienza operativa.

Perciò il datore di lavoro che non adempie agli obblighi di informazione e formazione gravanti su di lui e sui suoi delegati, risponde a titolo di colpa specifica, dell’infortunio del lavoratore, trattandosi di conseguenza diretta e prevedibile della inadempienza degli obblighi formativi.

Il tutto anche se dipeso dalla negligenza del lavoratore che, nell’espletamento delle proprie mansioni, pone in essere condotte imprudenti.

Pertanto, non può esservi alcun esonero di responsabilità all’interno dell’area di rischio, nella quale si colloca l’obbligo datoriale di assicurare condizioni di sicurezza appropriate anche in rapporto a possibili comportamenti trascurati dal lavoratore.

La Corte di Cassazione, quindi, evidenziando come la condotta del lavoratore:

  • non fosse imprevedibile proprio in relazione alla mancata formazione e informazione del predetto sui rischi specifici connessi all’impiego di un macchinario diverso da quello contemplato nel POS (Piano Operativo Sicurezza);
  •  fosse diretta conseguenza della mancanza conoscitiva sui rischi connessi alla lavorazione nel corso della quale è avvenuto l’incidente;

ha ritenuto sussistente la responsabilità in capo al datore di lavoro.

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