1. Premessa

Il perimetro delle responsabilità del datore di lavoro, con riguardo alle ipotesi di infortuni occorsi al lavoratore nello svolgimento delle proprie mansioni, è talmente ampio da travalicare i margini di operatività connessi con i rischi ordinari promananti dall’esecuzione di una specifica mansione.

Motivo per il quale, nello scrutinio di ogni singolo caso concreto, appare necessario focalizzare l’attenzione sulla condotta tenuta dal lavoratore al momento dell’accadimento del fatto.

In tal senso, a prescindere dall’eventuale verifica positiva circa la sussistenza dall’adozione di tutte le misure antinfortunistiche in capo al datore di lavoro, quest’ultimo, in sede di accertamento della responsabilità può comunque risultare imputabile dell’evento lesivo (decesso o infortunio del lavoratore).

2. Condotta “abnorme” del lavoratore

Solamente la configurabilità di una condotta radicalmente e ontologicamente lontana dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro.

La condotta riferibile ad una macroscopica responsabilità del lavoratore nel cagionamento del sinistro viene gergalmente definita quale “abnorme”, e come tale idonea ad interrompere il nesso causale, in termini di causa effetto, tra la condotta del datore di lavoro (ossia l’adozione o meno delle norme di sicurezza) e l’infausto evento.

Ne deriva che la condotta colposa del lavoratore infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l’evento quando sia comunque riconducibile all’area di rischio proprio della lavorazione svolta.

Di conseguenza il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo e soltanto quando il comportamento del lavoratore presenti i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive di organizzazione ricevute.

3. Caso concreto

Il caso recentemente affrontato dalla Corte di Cassazione, con riguardo al tema della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro, riguardava la caduta di un lavoratore dovuta al fondo reso sdrucciolevole dalla pioggia e dalla concomitante assenza del corrente intermedio e del battitacco dalla “torretta” (costruita con componenti di ponteggio) realizzata per consentire l’accesso ad una imbarcazione.

La caduta al suolo comportava una incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore a quaranta giorni.

In tale circostanza, premesso che, ex lege, le opere provvisionali devono essere allestite con buon materiale ed a regola d’arte, proporzionate ed idonee allo scopo e conservate in efficienza per l’intera durata del cantiere, nella fase di merito emergeva che il ponteggio non fosse a norma in quanto privo, proprio nel punto di caduta del lavoratore, della tavola fermapiede e di un corrente del parapetto.

La difesa, ad ogni modo, in sede di merito, e quindi in pendenza del giudizio, aveva eccepito all’accusa la sussistenza di una condotta abnorme del lavoratore (e dei suoi colleghi) i quali avevano alterato e modificato il ponteggio, dopo l’iniziale montaggio regolare.

Condotta, questa, ritenuta inutile, eccezionale ed imprevedibile.

La circostanza relativa all’intervenuta modifica dello stato dei luoghi, su iniziativa della manovalanza, emergeva pacificamente in corso di istruttoria, ma nonostante ciò ritenuta non sufficiente dal Tribunale per escludere la responsabilità datoriale.

4. Il principio di diritto affermato

La Suprema Corte confermava la decisione dei giudici di merito non ritenendo abnorme tale condotta del lavoratore.

Il tutto in forza del principio secondo il quale il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di apportare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure il dipendente ne faccia effettivamente uso.

Nel caso di specie, l’alterazione del ponteggio da parte del lavoratore non veniva considerata abnorme in quanto il datore di lavoro avrebbe potuto agevolmente presenziare sul posto – o inviarvi un suo delegato o preposto – per controllare il regolare svolgimento delle operazioni di montaggio del ponteggio e per impedire l’esecuzione di improprie modifiche da parte dei dipendenti.

Ne scaturisce, secondo l’ormai consolidato principio di diritto, l’incombenza sul datore di lavoro di vigilare, anche mediante la nomina di un preposto, per impedire l’instaurazione di prassi contra legem foriere di pericoli per i lavoratori.

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