1. La fattispecie:

Il reato di inquinamento ambientale, previsto dall’art. 452 bis c.p., sanziona la condotta di chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili:

1) delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo;

2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna.

Quanto previsto dal legislatore, il cui intento non si rinviene nella tutela della salute pubblica, bensì dell’ambiente, richiede la verificazione di un danno allo stesso e presuppone l’accertamento di un concreto pregiudizio a questo arrecato, secondo i limiti di rilevanza determinati dalla nuova fattispecie

2. La condotta:

Il caso concreto riguardava un’attività estrattiva consistita nello scavo del terreno e nello scorticamento meccanico dello strato superficiale tufaceo da parte di un soggetto avente la disponibilità del terreno a titolo di locazione.

Una condotta che l’imputato riteneva essere inoffensiva in punto di danno ambientale poiché di breve durata e non in grado, in ragione di un “mero scorticamento” del terreno, di produrre:

a) immissioni di gas nocivi valevoli a compromettere significativamente la qualità dell’aria;

b) sversamenti sul suolo o infiltrazioni nel sottosuolo di sostanze inquinanti causativi del deterioramento dei corpi recettori o dell’inquinamento della falda acquifera.

3. L’orientamento della Suprema Corte

La Corte di Cassazione rigettava il motivo di ricorso attinente all’inoffensività della condotta, in quanto, seppur trattandosi di un reato di danno (il che equivale, ai fini della configurabilità del delitto, al cagionamento di un danno all’ambiente e non soltanto un pericolo per esso), la norma prevista dall’art. 425 bis c.p. non richiede la prova della contaminazione del sito.

In tal senso, i giudici di legittimità hanno precisato che: “Ai fini dell’integrazione del reato di inquinamento ambientale di cui all’art. 452-bis c.p. le condotte di “deterioramento” o “compromissione” del bene non richiedono l’espletamento di specifici accertamenti tecnici”.

In particolare: “La compromissione e il deterioramento di cui al delitto di inquinamento ambientale consistono in un’alterazione, significativa e misurabile, della originaria consistenza della matrice ambientale o dell’ecosistema, caratterizzata:

– nel caso della “compromissione”, da una condizione di squilibrio funzionale, incidente sui processi naturali correlati alla specificità della matrice o dell’ecosistema medesimi;

– nel caso del “deterioramento”, da una condizione di squilibrio “strutturale”, connesso al decadimento dello stato o della qualità degli stessi”.

Alla luce del principio espresso, la condotta dell’imputato veniva considerata ascrivibile alla norma incriminatrice poiché ritenuta idonea a provocare un decadimento delle caratteristiche qualitative del terreno.

Una decisione, quella in commento, che si pone in continuità con la sempre maggiore attenzione del legislatore, del diritto vivente e della società tutta, ad un tema di grande attualità quale è la tutela dell’ambiente.

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