1. La fattispecie:

Il delitto di violenza sessuale, previsto e punito dal codice penale con la previsione normativa dell’art. 609 bis c.p., sanziona “chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o subire atti sessuali”.

Nell’intento del Legislatore la fattispecie è posta a presidio cardine della libertà personale e, quindi, della sfera sessuale dell’individuo.

2. La condotta:

Elemento imprescindibile nel fornire all’atto sessuale carattere di rilevanza penale è la sua estrinsecazione tramite:

– violenza;

– minaccia;

– abuso di autorità;

Tali caratteri della condotta sono necessari ai fini della costrizione della vittima, traducibile, invero, sia nell’assenza di esplicito consenso a subire l’atto sessuale, sia contro ogni possibile condizionamento, fisico o morale, e contro ogni non consentita e non voluta intrusione nella sfera intima del soggetto passivo.

3. Ma cosa si intende per “atto sessuale”?
Il caso concreto:

Di recente i giudici di Piazza Cavour sono stati chiamati a pronunciarsi sul caso di un operatore scolastico accusato di violenza sessuale in danno di alcuni studenti minorenni, all’interno della scuola ove lo stesso prestava servizio.

All’esito della celebrazione dei primi due gradi di merito, in sede di impugnazione la difesa dell’imputato lamentava che:

1. le zone corporee attinte dai toccamenti contestati non potevano essere inquadrate fra quelle erogene, mancando la prova che si trattasse di glutei, fianchi, fondo schiena ed interno coscia;

2. non vi era prova che l’imputato avesse appagato un desiderio sessuale, essendo i suoi gesti espressione del comportamento amichevole da sempre tenuto nei confronti delle scolaresche.

4. L’orientamento della Corte di Cassazione:

La Suprema Corte, nella recentissima sentenza quivi commentata, ha rigettato integralmente le doglianze difensive, innanzitutto, con riferimento al mancato contatto con le zone erogene delle persone offese.

In tal senso, secondo i Giudici di Cassazione, allorquando il contatto fisico concerna parti differenti, quali la schiena o i fianchi del soggetto offeso, appare indefettibile una valutazione delle modalità della loro estrinsecazione, attraverso un giudizio di idoneità a rivelare la natura erotica dei gesti incriminati.

Questi ultimi, infatti, potrebbero anche tradursi in abbracci prolungati con le mani che si allungano lungo il corpo delle vittime oppure che si infilano sotto le magliette da costoro indossate, in un contesto in alcun modo provocato o ricambiato dalla vittima.

Emerge, quindi, che il concetto di atto sessuale non possa circoscriversi soltanto ad ogni forma di congiunzione carnale, ma debba estendersi a qualsiasi atto che, risolvendosi in un contatto corporeo, ancorché fugace ed estemporaneo, tra soggetto attivo e soggetto passivo, o comunque coinvolgente la corporeità sessuale di quest’ultimo, allorquando sia finalizzato ed idoneo a porre in pericolo la libertà di autodeterminazione del soggetto passivo nella sua sfera sessuale, non avendo rilievo determinante, ai fini del perfezionamento del reato, la finalità dell’agente e l’eventuale soddisfacimento del proprio piacere sessuale.

I giudici di legittimità concludono rigettando la doglianza difensiva attinente “l’assenza di desiderio sessuale dell’imputato” stabilendo che l’atto materiale debba essere definito quale “sessuale” sul piano obiettivo, non su quello soggettivo.

Il soggetto agente deve solo essere consapevole della natura sessuale dell’atto posto in essere, senza alcuna attenuazione derivante dalle, eventuali, intenzioni finali di concupiscenza, di gioco, di mera violenza fisica o di umiliazione morale dal medesimo perseguite.

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